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"Craco, Romagnano, Roscigno, Conza, Apice, Aquilonia....Prendete un paese del Sud italiano, svuotatelo di tutti i suoi abitanti, guardate come diventa bello, guardate come diventa vivo." (Arminio, 2011, p. 133)

Inizia così il capitolo "Geografie della controra" di Terracarne. Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia, dello scrittore bisaccese Franco Arminio. E' un caso, assolutamente un caso, che seppur non tutti e tre insieme -e in momenti diversi- siamo stati, talvolta anche in più di un'occasione, in alcuni dei posti citati. Forse perchè sono posti che ti ispirano nella controra, nel pomeriggio estivo in cui poco hai da fare se non dannarti per l'afa pomeridiana. E, a questo punto, invece di boccheggiare in casa, meglio dannarsi nella controra ad andare in giro, magari decidendo all'ultimo minuto. E la controra forse lega questi paesi nella loro condizione di vuoto, richiamandone il silenzio delle rovine o dell'isolamento, così connesso al nulla della noia della digestione pomeridiana, del deserto dell'asfalto estivo, del post-pranzo domenicale, dello 'svacco' da divano conteggiando punti al fantacalcio. Sì, forse è meglio impegnare il tempo a vedere paesaggi, a suggestionarsi di ruderi, a bere chinotti nei bar di paese.

 

Il primo Spazio@Rendere è, dunque, Apice (Apice Vecchio, non Nuovo), che non è Irpinia e non è Sannio, e sì, è Sannio ma comunque con l'Irpinia vi è a cavallo, e dopo poco sulla A16 i paesaggi iniziano a cambiare e al verde fa posto il biondo del grano. Quando si parla delle nostre zone, la memoria non può che andare al terremoto del 23 novembre 1980, alla distruzione, alla tragedia della conta dei morti, dei ritardi e della frase del mai troppo compianto Sandro Pertini, tra le macerie di Balvano (PZ): "Le parole suonano vana retorica". Lì è lo spartiacque della storia odierna di questa parte di sud. L'arrendevolezza, l'isolamento, gli squilibri, l'emigrazione, la retorica dello sviluppo, provengono da quei giorni. Figli di De Mita, dio minore erto a santità nazionale, delle cattedrali del deserto, dei paesi rilocalizzati e ricostruiti, secondo un'espressione cara al "Professore" Franco Scoglio, ad capocchiam. Figli di quel cratere sismico gonfiato di 638 Comuni. Figli, sempre e comunque, di una terra a cui piace spesso muoversi al ritmo di un frenetico fox trot, seppur diluito nel tempo. Figli dei sismi sul grano biondeggiante, sui vitigni rinomati e i sontuosi castagni. Eventi sismici più noti e meno noti, come quello, poco conosciuto ai più, in cui mio padre sentì vibrare il nocciòlo sul quale, dodicenne, si era arrampicato. Alle 18:19 del 21 agosto 1962 un forte terremoto colpì vari comuni a cavallo tra Irpinia e Sannio. Molti furono danneggiati; tra gli altri, Ariano Irpino, Sant'Arcangelo Trimonte e Apice. Conseguenze sull'abitato risultarono anche ad Avellino e Benevento (per approfondire, si veda Guidoboni e Valensise, 2011). Circa 20 morti e 16000 senzatetto, altra triste storia di un sud isolato, essenzialmente agricolo, lontano dalle direttrici dello 'sviluppo'. Come più volte accaduto nelle nostre aree successivamente ad eventi sismici (Alexander, 1981; Del Gaudio e Wasowski, 2004), si riattivarono alcune frane, proprio come ad Apice, che dalla sismologia storica risulta già essere stato colpito da eventi franosi post sisma, come quello del 1456. Apice fu duramente colpito, al tempo aveva circa 7000 abitanti. Secondo i dati di Cavallo e Penta (1965), circa il 30% delle camere del tessuto abitativo fu danneggiato, mentre su circa 1900 abitazioni 500 risultavano ancora agibili, 200 inagibili ma ripristinabili, 200 inagibili e non riparabili e 50 da demolire. Il 15% del patrimonio abitativo, dunque, fu compromesso irrimediabilmente. Da tali presupposti, inizia il lento declino di Apice vecchia, che troverà poi culminazione con il sisma del 1980. Il paese viene rilocalizzato a valle, a circa 3 km. dal nucleo storico. Dall'antica trama a conchiglia si passerà ad una trama di ricostruzione più regolare e ordinata, quella di Apice Nuovo. Nuove abitudini, nuove relazioni sociali, nuovi spazi di cui appropriarsi: questo è il destino di Apice Nuova, con le rovine di ciò che è stato lì sulla collina.

Prima di noi, in maniera sicuramente più efficace, ha provato a descrivere le proprie sensazioni Franco Arminio, visitando Apice Vecchia (qui), e scrivendo, tra l'altro: "Il terremoto ha rapito la vita e la vita ora la porta il vento che solletica la polvere, che accarezza i balconi morti, che sbatte qualche porta".

E' la nostra controra che diventa polvere, che ci inzacchera le scarpe e fa starnutire chi è allergico. Lì dove alberga il nulla, solo il rumore di passi su qualche coccio e un po' di breccio, e qualche animaletto che sgattaiola alla nostra vista. Sa di morte, Apice, ma "è una morte che fa ben sperare" (Arminio, 2008, p. 136), che riconcilia le nostre anime, sopraffatte dalla velocità, al gusto del silenzio, alla vista di rovine, al pensiero di pentoloni di rame ardenti sul fuoco, di stalle dietro camera da letto, di archi in pietra di antica data, di sedie di paglia sbilenche, di donne all'uscio a pulire ortaggi, di carri cigolanti. Ed è vita, questa, che diventa elogio della lentezza, dell'apatia di provincia, dell'insostenibile leggerezza del cazzeggio, in questa terra che calcisticamente ci sarebbe avversa, ma che, da ora, non possiamo non considerare nostra, irpina fino al midollo, visto anche il probabile accorpamento delle province. Il Sannio che diventa Irpinia, e viceversa: pare una bestemmia, ma così sarà. Roba lenta, lenta lenta, come piace a noi.  

 

Se volete:

Alexander D., 1981, Preliminary assessment of landslides from the earthquake of 23rd November 1980 in southern Italy, Disasters, 5(4), pp. 376-383

Arminio F., 2008, Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia, Laterza, Bari

Arminio F., 2011, Terracarne. Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia, Mondadori, Milano

Cavallo R., Penta F., 1965, Lesson drawn from the most recent earthquakes in Italy, in Proceedings of the Third World Conference on Earthquake Engineering, Wellington, New Zealand, v. 3, pp. V-62-74

Del Gaudio V., Wasowski J., 2004, Time probabilistic evaluation of seismically induced landslide hazard in Irpinia (Southern Italy), Soil Dynamics and Earthquake Engineering, 24, pp. 915-928 

Guidoboni E., Valensise G., Il peso economico e sociale dei disastri sismici in Italia negli ultimi 150 anni, Bononia University Press, Bologna

 

 

Testo di Giuseppe Forino

Foto di Sandro Montefusco

 

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