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Con lo sbarco degli Alleati a Salerno, il 9 settembre 1943, inizia l'Operazione Avananche che avrebbe dovuto liberare l'italia dal nazifascismo. Con una poco velata linea polemica, il saggista Fausto Altavilla scrive che, in riferimento a questa operazione, qualcuno "...favoleggiava addirittura di bunker ricavati nel ventre della montagna di Montevergine, seppi di soldati e di armi misteriose e potentissime" (Altavilla, 2006, p. 66). 

In effetti, "favoleggiare" in questo caso potrebbe essere inesatto: in realtà a Monte Vergine un tunnel esiste, e ci è sembrato giusto capirne qualcosa di più, dato che le notizie finora in merito erano frammentate, così come lo sono tutte quelle in riferimento alla base NATO di Monte Vergine. E la frammentazione delle notizie continua a sussistere, dato che noi non siamo certamente stati abili a dipanare la matassa, ma solo a iniziare a capirci qualcosa di più. La percentuale di ciò che abbiamo 'scoperto' - o meglio, messo in ordine- è comunque insignificante, e la leggerete nelle sezioni apposite dove troverete anche testimonianze di chi ha deciso di raccontare qualcosa.

Parlare del tunnel di Monte Vergine, come detto, significa parlare nel bene o nel male della base NATO che, come tutte quelle presenti sul suolo italiano durante gli anni bui della Guerra Fredda -nonostante i frizzi e lazzi del boom economico, "non servivano solo a fronteggiare un eventuale attacco del blocco sovietico e a limitare la spesa militare nazionale a vantaggio delle crescita economica, ma anche e soprattutto a fornire l’assicurazione psicologica e militare che l’Italia era fermamente legata all’Occidente, nonostante i delicati equilibri politici interni e la presenza nel nostro paese del più forte Partito comunista occidentale. Durante la guerra fredda il fronte tra Ovest ed Est passava anche all’interno dell’Italia e non solo lungo i suoi confini" (Desiderio, 2007, p. 60). Giusto per mettere un po' di ordine (o disordine, fate voi), la sovrapposizione tra NATO e USA, quando si parla di basi militari, è forte, tanto che "comando americano in Europa e comando della Nato, pur avendo lo stesso comandante, sono due strutture separate, anche se spesso le stesse basi ospitano entrambi i comandi, come nel caso di Napoli" (Desiderio, 2007, pp. 62-63). Per la base NATO di Monte Vergine provare a dipanare la matassa significa in primis effettuare una ricerca storica, che ripercorra le tappe del processo decisionale per la sua implementazione a livello nazionale e della sua installazione con le sue ripercussioni a carattere locale. E' ovvio che la ricerca storica pone questioni dapprima geografiche e poi geopolitiche in relazione all'uso di un territorio da parte di un'entità straniera. Pone questioni di sovranità territoriale, pone domande sul processo decisionale e sul coinvogimento della popolazione locale nello stesso. Pone perplessità su come delle forze militari estere riescano a inserirsi in contesti sociali differenti. Soprattutto, in particolare negli ultimi anni, fa porre delle domande in merito ai conflitti sociali che una base innesca su un territorio, come l'ormai annosa questione dell'ampliamento della base di Vicenza e dell'ostilità della popolazione (per la quale si rimanda a Paragano, 2012 e Paragano e Fois, 2012) oppure del recentissimo caso del comitato NO MUOS di Niscemi (CL) contro l'installazione delle antenne del sistema di telecomunicazioni satellitari MUOS della marina statunitense (si veda il loro sito per conoscere la loro battaglia). 

Dicevamo della base NATO di Monte Vergine, che è stata installata e smontata quasi come che nessuno se ne fosse accorto, quasi come un dato di fatto, una parte del paesaggio naturale. Nascono figli, macchine targate AFI scorazzano per la provincia (io le ricordo, da piccolo, a Monteforte), americani fanno la spola tra Bagnoli, Napoli, USA e Monte Vergine, ma tutto andava bene, non c'era un perchè, un boh, un chissà, un ma-fammi-andare-a-vedere. Una base NATO e un castagno, praticamente la stessa cosa. Monte Vergine è un'area molto suggestiva, con paesaggi che in alcune circostanze sono mozzafiato, come dimostrano le foto qui pubblicate, area dalla quale poter vedere tutto il Golfo di Napoli e le sue isole. Per chi ha avuto il piacere, è qualcosa da far brillare gli occhi. E' inoltre ricca di storia, con il Santuario di Mamma Schiavona che sopravvive dal medioevo. Insomma, è certamente accattivante, e merita una visita magari mangiando le tipiche castagne del prete. Ed è dunque interessante proprio in relazione a questi molteplici usi  e significati che essa fa emergere e che è finalmente il caso di sdoganare. E, probabilmente, la sua interpretazioni sottosta a trame più complesse della Mamma Schiavona, dei "femminielli" e della pasquetta al Campo Maggiore.

Ce ne siamo resi conto ultimamente, quando non solo "fisicamente", ma anche e sopratutto a livello di consapevolezza personale, siamo andati oltre l'accettazione dell'area come meta religiosa. C'è dell'altro, tanto altro e, ripetiamo, non si tratta semplicemente di dire: beh, non lo sapevate che c'era la base Nato e il tunnel?. Sì, sapevamo, ovviamente- della base Nato, delle antenne, di un tunnel, di caseggati militari che emergono nella vegetazione (e, lasciatecelo dire, non sono pochi). Forse ci stiamo ponendo delle domande in ritardo, forse avremmo potuto arrivarci prima, forse, chissà, delle risposte sono già state date e non ne siamo a conoscenza. Può darsi, certamente sarà così, ma umilmente diciamo che a noi ora sono venute in mente tali questioni, e crediamo sia giusto porle a chi può saperne più di noi. Chiedendo in giro, anche informalmente, sorge un insieme di mezze verità, suggestioni, immancabili leggende metropolitane, informazioni a metà. I tedeschi, gli americani, la Sacra Sindone, l'amianto, le scorie, i trapanamenti notturni, i nascondigli di armi e missili

Insomma, un senso di disinformazione, di non conoscenza e di disinteresse sembra avvolgere attualmente questo territorio. Chi ha vissuto quegli anni ha probabilmente accettato tutto ciò, forse faceva comodo, forse erano tempi differenti da quelli odierni, forse la consapevolezza dello spazio oggi è differente dal passato. Magari le amministrazioni locali hanno accettato senza voler troppo colpo ferire, proni a strategie geopolitiche nazionali e internazionali nelle quali figurarsi se una piccola realtà dell'entroterra poteva ficcar becco. Vorremmo, comunque, che chi sa iniziasse a parlare apertamente di tutto ciò: ci aiuti con testimonianze, con dati, carte e documenti alla mano, a ricostruire quel che è giusto emerga. Per chi abita nelle nostre terre, per chi ci ha abitato, per chi semplicemente vuole sapere perchè lì ci sono un tunnel, una base e dei caseggiati e non delle pecore al pascolo o una natura incontaminata.

Le nostre riflessioni, che qui vi proponiamo, vanno dunque oltre il livello "semplicistico" di conoscenza del territorio (perdonate le virgolette, ma avete capito dove realmente vogliamo andare a parare). Esse sono il frutto della consapevolezza di uno spazio, che, per qualche ragione, è stato sottoposto a un uso multiplo, nel quale probabilmente strategie militari, geopolitica e religione sono strettamente interconesse e hanno avuto un ruolo ben preciso nel corso della storia. Che è, senza dire, storia locale, storia patria, e un piccolo pezzetto, infinitesimo ma c'è, di cose più grandi di noi, di pezzi inconsapevoli di memoria che meritano di essere ricostruiti, tassello dopo tassello, e restituiti, nelle forme più disparate, a chi in questi decenni ha avuto qualcosa a che spartire con Montevergine. Uno spazio@rendere, come piace a noi: che sia reso alla politica locale, all'abitante sotto il monte del Partenio, o all'Irpinia in generale, l'importante è che un messaggio, o meglio uno sprono a cercare un messaggio, arrivi. Ci sono i resti (cemento, antenne, rimasugli vari) della base Nato, utilizzata come ponte di trasmissioni durante la Guerra Fredda. Ci sono strutture militari semiabbandonate tra il Santuario e il Campo Maggiore: dormitori, vecchi uffici dismessi e abbandonati, una caserma certo mal curata ma a quanto pare ancora funzionante. Ci sono centinaia di antenne: chissà che funzione hanno svolto, quante attualmente sono utilizzate e quante sono scheletri di cose vecchie...E c'è un tunnel, che noi abbiamo visitato (chi parzialmente, chi interamente), che certamente suscita curiosità: per un ingegnere è pane per i propri denti, dato che è tutto un florilegio di tubi, valvole, manometri, caldaie, stanze, stanzette, stanzoni. C'è un sacco di roba, ma forse noi siamo stati distratti dalle beghe politiche, dalla grigliata di pasquetta, dalla gita al santuario, per occuparcene.

A nostra totale difesa, diciamo che la libertà del web sta anche nella libertà di pubblicare materiale 'spazzatura', notizie false o sensazionalistiche. Non vogliamo essere annoverati tra dispacciatori di notizie false o tendenziose o di scoop più simili agli "sgoop" di Aldo Biscardi che alla condivisione di informazione e conoscenza. Più che portare conoscenza, al momento siamo portatori di dubbi. Non abbiamo risposte, ma ci frullano domande, alle quali abbiamo provato a rispondere con un po' di raziocinio, qualche fonte di riferimtno e anche un po' di pacciaria. D'altronde, il silenzio sull'area è talmente da non credere, da parte dei cittadini, delle istituzioni e della classe intellettuale, che le informazioni che troverete nella nostra sezione sono di 'prima mano', o quantomeno abbiamo provveduto a tirarle fuori dai cassetti polverosi. Ciò che raccontiamo, e speriamo continueremo a raccontarvi nelle prossime occasioni, va comunque preso con le molle, più elastiche possibili, con la consapevolezza di muoversi sul sottilissimo filo tra fatti, supposizioni e mezze verità.

Giusto per:

Altavilla F., 2006, Sotto un cielo che diventerà azzurro, Guida Editore, Napoli

Desiderio A., 2007, Mai dire guerra. Viaggio nelle basi americane in Italia, Limes

Paragano D., 2012, La localizzazione delle basi militari degli Stati Uniti all'estero: il caso di Vicenza, Società Geografica Italiana, Roma

Paragano D., Fois F., 2012, Strutture e spazialità dei movimenti di opposizione alla localizzazione di basi militari: il caso di Vicenza, Rivista Geografica Italiana, 119(4)

 

 

 

 

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